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Infiltrazioni con collagenasi

Una nuova terapia per il trattamento della Malattia di La Peyronie

La Malattia di La Peyronie è una patologia, tendenzialmente sottodiagnosticata e sottotrattata, che in Italia colpisce circa il 7% della popolazione tra i 50 e i 70 anni.

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INDURATIO PENIS PLASTICA

L’induratio Penis Plastica è una patologia benigna del pene.

Prende il nome da Francois De La Peyronie, chirurgo francese alla Corte di Versailles, che la descrisse nel 1743, dopo averla osservata su Luigi XIV, il Re Sole.

La malattia colpisce l’albuginea dei corpi cavernosi del pene ovvero la membrana che riveste le strutture spugnose le quali, riempiendosi di sangue, consentono l’erezione, inducendo la formazione di una zona fibrosa cicatriziale (comunemente chiamata placca) la quale, essendo meno elastica rispetto al tessuto albugineo sano, determina una trazione sul corpo cavernoso durante le erezioni: il risultato è l’incurvamento dell’asta verso la direzione della placca.

Gli incurvamenti dorsali (verso l’addome) e laterali sono più comuni ma può essere
osservata anche una deviazione ventrale (verso il basso). Il grado di curvatura è estremamente variabile: in alcuni casi diventa tale da impedire i rapporti; inoltre, la placca può interferire con la normale funzionalità del tessuto erettile ed in alcuni casi può determinare un deficit erettile e/o un accorciamento del pene gravando anche da un punto di vista psicologico in considerazione dell’alterazione della propria immagine corporea

Incidenza della induratio Penis Plastica

Non deve essere annoverata tra le malattie rare tenendo conto che numerosi studi hanno descritto una prevalenza del 3-9% negli uomini adulti su scala mondiale e, secondo quanto riportato da uno studio italiano multicentrico condotto presso i medici di base, interessa fino al 7% degli uomini tra i 50 e 70 anni.

Cause della induratio Penis Plastica

A tutt’ oggi risulta non chiarita quale sia la causa iniziale che scatena la malattia.

Recentemente, l’avvento della biologia molecolare, ha permesso di chiarire l’accumulo di collagene tipo I, costantemente presente nelle placche, il tipo III, la cui presenza è molto abbondante, ed il tipo V la cui partecipazione, tuttavia, è ancora incerta.

Studi recenti hanno dimostrato inoltre aumentati livelli di TGF-ß 1 , importante mediatore nella sintesi del collagene, in campioni bioptici di tunica albuginea di pazienti affetti da IPP.

Tuttavia, non è ancora stato possibile determinare una specifica anomalia cromosomica specifica per la malattia di La Peyronie sebbene questa patologia, come molte altre di natura proliferativa, presenti una elevata frequenza di anomalie citogenetiche.

L’ipotesi traumatica la placca fibrosa come l’espressione di una esagerata risposta tissutale, sebbene localizzata, ai microtraumi esercitati sull’albuginea.

Studi di colture cellulari di tessuto prelevato dalle placche di IPP hanno confermato tale ipotesi, evidenziando come questi tessuti abbiano una maggior capacità fibroproliferativa rispetto al tessuto sano. I traumi microvascolari inoltre, secondo questa ipotesi, favorirebbero la deposizione di fibrina che a sua volta stimola la risposta patologica.

Altre linee di ricerca, invece, spingono a cercare un quadro di flogosi immunitaria all’origine dell’IPP risiedono soprattutto nelle evidenti somiglianze del quadro clinico a quello delle malattie auto-immuni del collagene e del connettivo. Caratteristica comune è anzitutto quella di automantenere una evoluzione verso la cronicizzazione, interrotta da periodiche riacutizzazioni.

Infine, alcuni farmaci sono stati oggetto di studio come possibili fattori di insorgenza della degenerazione fibrotica della tonaca albuginea. Tra questi la carbamazepina e il fenobarbital (utilizzati tra l’altro nella cura della epilessia).

Come viene diagnosticata l’ induratio Penis Plastica?

Una corretta diagnosi della curvatura peniena è fondamentale per programmare il tipo di trattamento più adeguato.

Generalmente, lo sviluppo della malattia avviene in 2 fasi distinte. Inizialmente, la formazione della placca si accompagna spesso a dolore durante l’erezione (fase infiammatoria) e la curvatura può peggiorare anche in tempi relativamente rapidi. In seguito, la placca si stabilizza e il dolore normalmente cessa.

Il primo step diagnostico è l’anamnesi. E’ importante risalire al periodo della comparsa della curvatura, a possibili eventi scatenanti, alla presenza o meno di dolore in flaccidità e/o in erezione.

Ispezione e palpazione permettono di valutare la presenza di placche fibrose a livello dell’albuginea dei corpi cavernosi e un eventuale coinvolgimento del setto.

L’autofotografia del pene eretto da parte del paziente permette di rendere oggettiva la curvatura ed è importante anche per seguire l’evoluzione della stessa. Il pene deve essere inquadrato da tutte le prospettive, superiore, laterale e dorsale per consentire un corretta rappresentazione della curvatura.

Nei pazienti che riferiscono difficoltà erettiva, una valutazione ecografica e Doppler, dopo erezione farmaco-indotta (cioè previa iniezione nel pene con un piccolo ago di un farmaco a base di prostaglandine in grado) consentirà l’identificazione di eventuali placche fibrose albuginee a carico dei corpi cavernosi.

 

Terapia induratio Penis Plastica

Una volta stabilita la diagnosi, il paziente deve essere correttamente indirizzato verso il trattamento per lui più adatto.

Trattamento medico

La vitamina E è stata largamente utilizzata data la facilità di utilizzo e l’ottima tolleranza: il presunto meccanismo di azione sarebbe legato alla riduzione dell’infiammazione mediante una modulazione del danno locale da radicali liberi. Nonostante dati contrastanti sul reale miglioramento in termini di estensione della placca, curvatura e qualità del rapporto, la vit. E rimane uno dei principali trattamenti nella fase di esordio della patologia.

Il POTABA (Potassio para-aminobenzoato) ha un’azione anti-infiammatoria e anti-fibrobalstica rendendolo, pertanto, un agente teoricamente utile nel trattamento dell’IPP. Diversi studi (non recenti) hanno dimostrato effetti sulla riduzione della placca e nel prevenire una progressione della stessa; tuttavia, lo scarso beneficio in termini di miglioramento della curvatura e una scarsa aderenza alla terapia a causa di importanti effetti collaterali (soprattutto gastrointestinali) hanno progressivamente determinato un ridimensionamento del ruolo del POTABA.

Nei pazienti con disfunzione erettile, gli inibitori della PDE-5 si sono dimostrati efficaci in combinazione con altre forme di terapia (medica e/o fisica)

Trazione meccanica

La trazione meccanica del pene (sia in flaccidità che in erezione) è da ritenersi una procedura efficace, non tanto singolarmente ma più in trattamento combinato per l’IPP in quanto altamente tollerata dal paziente: l’obiettivo è la preservazione e il mantenimento della lunghezza peniena.

Onde d’urto

Metodica poco diffusa in considerazione degli scarsi effetti su curvatura e progressione della placca e del modesto beneficio sul dolore nella fase acuta della patologia.

Trattamenti intralesionali

Nel corso degli ultimi 20 anni, l’infiltrazione con verapamil (un calcio-antagonista) è stata considerata un trattamento opzionale nei pazienti affetti da IPP. Il verapamil risulterebbe efficace attraverso una riduzione locale della produzione di collagene e la stimolazione della produzione di collagenasi. Tuttavia, pur rimanendo una terapia diffusa e ampiamente proposta, il reale beneficio sulle dimensioni della placca e sulla curvatura rimane dibattuto.

Nel 2013, FDA (Food and Drug Administration) ha approvato l’utilizzo negli U.S.A. della collagenasi estratta da Clostridium Hystoliticum per il trattamento intralesionale delle placche di IPP. L’utilizzo della collagenasi risale addirittura al 1980 quando fu pubblicato il primo studio pilota sull’argomento; di recente, 2 studi randomizzati hanno dimostrato che la collagenasi migliora la curvatura dell’asta fino al 34%.

L’iniezione della collagenasi nella placca albuginea, composta principalmente da fibre di collagene, può determinare una rottura enzimatica. Dopo l’iniezione, si associa un programma di stretching e manipolazione (condotto dal medico subito dopo la procedura e proseguito dal paziente a domicilio nei giorni successivi).

Il trattamento viene eseguito in anestesia locale; il rischio di complicanze legate alla procedura è estremamente basso (ematomi penieni di entità severa o frattura del pene <1%). Gli studi preclinici e le prime casistiche pubblicate in letteratura hanno mostrato una riduzione media della curvatura di circa 20°: è l’unico trattamento con dimostrato effetto riduzione accertato e raccomandato dalle linee guida internazionali (EAU – Europen Association of Urology)

Terapia chirurgica

L’ideale obiettivo terapeutico del trattamento
chirurgico nel morbo di La Peyronie dovrebbe essere quello di liberare il paziente dalla malattia, rimuovendo il tessuto fibroso ed ottenendo il miglior risultato post operatorio su due fronti: la correzione dell’incurvamento e la restaurazione della piena efficienza penetrativa. In realtà, spesso il chirurgo si deve accontentare di raggiungere uno solo di questi obiettivi.

Perché la terapia chirurgica dell’IPP possa avere buone probabilità di successo è necessario aggredire la malattia quando questa si trovi nella fase stabilizzata (per una minor reazione cicatriziale). È corretto porre indicazione all’intervento chirurgico quando siano presenti due condizioni:

  1. malattia in fase stabilizzata (processo infiammatorio quiescente);
  2. impedimento all’attività coitale.

A sua volta, questa seconda condizione può verificarsi in seguito a:

  • ostacolo meccanico alla penetrazione (grave incurvamento, in presenza di sufficiente rigidità)
  • deficit erettile funzionale (insufficiente rigidità del pene) che può essere secondario alla malattia o primitivo e concomitante

Per verificare la presenza di queste condizioni pre-operatorie è indispensabile attuare, come detto, un protocollo diagnostico completo che consenta, oltre all’inquadramento morfologico della malattia (estensione/infiltrazione della placca) anche una valutazione della funzionalità erettile.

Completata questa accurata stadiazione della malattia (stadio patologico, estensione, situazione emodinamica) e stabilita l’indicazione all’intervento chirurgico, la scelta tra le diverse opzioni dipenderà in primo luogo dalla presenza o meno di una insufficienza erettile associata.

Le tecniche chirurgiche proposte per il trattamento dell’IPP possono essere così suddivise:

  1. a)  chirurgia di accorciamento (contro-laterale alla placca) con asportazione di tessuto sano;
  2. b)  chirurgia di allungamento/allargamento (chirurgia di placca) condotta sul tessuto patologico;
  3. c)  chirurgia protesica (all’occorrenza associata ad incisione/i albuginee).

Le tecniche sopraindicate possono essere applicate singolarmente o anche in associazione, in relazione alla gravità della deformità ed all’eventuale disfunzione erettile associata.

  1. a) CHIRURGIA DI ACCORCIAMENTO PENIENO

L’intervento prevede l’asportazione di losanghe di tessuto albugineo o il posizionamento di punti di plicatura in sede controlaterale alla sede di malattia, con l’unico obiettivo di ottenere il raddrizzamento del pene. È possibile eseguire l’intervento mediante incisione circolare sotto il glande oppure attraverso altri accessi. Nel primo caso è prevista la possibilità di asportare parzialmente o totalmente la cute prepuziale (circoncisione).

La chirurgia di accorciamento comporta necessariamente una riduzione della lunghezza dell’asta che sarà proporzionale all’entità della curvatura. Questa tecnica è indicata nelle curvature di grado lieve-moderato (<40 gradi) in assenza di deformità complesse e funzione erettiva conservata.

  1. b) CHIRURGIA DI ALLUNGAMENTO/ALLARGAMENTO ALBUGINEO

La tecnica prevede un’incisione circolare sotto il glande e/o incisioni accessorie lungo lo scroto per meglio esporre la sede di malattia ove si andrà ad inserire il materiale di sostituzione. Dopo accurato isolamento del fascio vascolo-nervoso dorsale del pene, cioè di quell’insieme di vasi e nervi destinati al trofismo vascolare e nervoso del glande, si procede ad incisione/rimodellamento del tessuto fibrosclerotico nel punto di massima deformità. In alcuni casi selezionati (placca calcifica, ispessita) diviene necessario effettuare l’asportazione completa o parziale della placca stessa, con un rischio accentuato di disfunzione erettile post-operatoria. La tecnica prevede l’innesto di materiali autologhi (prelevati da paziente stesso) o eterologhi (di altra origine) nella sede del tessuto albugineo rimodellato. I materiali eterologhi di possibile impiego sono di origine animale, mentre quelli autologhi sono per lo più rappresentati dalla mucosa buccale prelevata alla guancia e dalla vena safena prelevata in regione inguino-femorale (coscia interna). La molteplicità delle soluzioni adottate sta ad indicare come non esista un materiale ideale per questo tipo di intervento. L’innesto serve a ricoprire il tessuto cavernoso sottostante al difetto di rivestimento che si produce sulla tonaca albuginea in relazione all’incisione di rimodellamento.

Lo scopo dell’intervento è raddrizzare/allargare il pene così da permettere il ripristino della capacità penetrativa.
L’intervento non si pone l’obiettivo di restituire la lunghezza/circonferenza del pene presente prima dello sviluppo della malattia, poiché la malattia comporta una trasformazione fibro-retraente a carico di tutta la tonaca albuginea del pene.
L’Indicazione per tale tecnica è una curvatura di grado moderato-severo (> 40°), presenza di deformità complesse ed erezione perfettamente conservata.

  1. c) CHIRURGIA PROTESICA


La chirurgia dell’IPP può prevedere anche l’utilizzo di un impianto protesico

La scelta del tipo di protesi e della tecnica di impianto dipende da diversi fattori:

  • estensione della malattia
  • stato funzionale (erezione) pre-operatoria
  • anatomia del pene

Una tecnica originale Italiana è stata proposta negli anni ’90 e consiste nell’impianto all’interno dei corpi cavernosi di 2 tutori (di forma cilindrica) costituiti da silicone inerte, di piccolo calibro e di consistenza estremamente soffice: la lunghezza dei due cilindri sarà tale da evidenziare con la loro spinta assiale ( in senso longitudinale) la curvatura del pene, determinata dalla placca, che non può estendersi. In tal modo, una volta isolata la placca fibrotica, questi tutori interni faranno da guida all’incisione trasversale di rilassamento che verrà eseguita in modo mirato in corrispondenza della zona di maggior curvatura per ottenere un effetto di rilassamento e di allungamento con raddrizzamento del pene. L’intervento viene a questo punto completato dall’innesto di materiali autologhi (prelevati da paziente stesso) o eterologhi (di altra origine) nella sede del tessuto albugineo rimodellato. La tecnica è applicabile ad ogni tipo di curvatura o retrazione; i 2 punti chiave sono le funzioni dei cilindri:

  • espansori tissutali: in tal modo l’innesto attecchisce “in estensione” ai fini di ridurre al minimo il rischio di retrazione e di permettere al pene di mantenere nel tempo le sue dimensioni
  • sostegno per l’erezione: non trattandosi di protesi peniene in grado di sostituire la funzione erettiva, il loro utilizzo non è indicato nei pazienti affetti da disfunzione erettile severa; risultano, invece, ideali per integrare la residua capacità erettiva dei corpi cavernosi. L’impianto viene eseguito in modo mini-invasivo, risparmiando il tessuto erettile, che così mantiene una propria capacità di inturgidirsi di sangue sotto stimolo erotico. Il pene, che risulterà disteso anche in condizioni di riposo, a seguito dello stimolo erotico aumenterà il proprio diametro e volume consentendo un’attività sessuale molto naturale. Allo stesso tempo, i tutori garantiranno al paziente una più agevole e sicura ripresa dell’attività penetrativa. La presenza di erezione “complementare” ai tutori, è facilmente verificabile effettuando una iniezione intracavernosa di farmaco vaso attivo.

In caso di coesistente deficit erettile pre-op di grado severo, o in caso di necessità di esteso rimaneggiamento dei corpi cavernosi (placche massive, calcifiche, settali) sarà invece più opportuno orientarsi verso l’impianto di protesi idrauliche . In passato, sono state molto utilizzate le protesi semirigide (o malleabili) in quanto garantivano un valido sostegno al pene ed al tempo stesso si opponevano alla evoluzione fibrosa detraente della malattia. Tuttavia, la soddisfazione post-operatoria dei pazienti si è rivelata scadente in vari studi effettuati poiché il pene rimane costantemente semirigido e non varia il proprio volume sotto stimolo sessuale.

Per questo, le protesi idrauliche tri-componenti stanno progressivamente sostituendo quelle malleabili. La tecnica prevede l’inserimento all’interno dei corpi cavernosi di protesi idrauliche. In casi di incurvamenti gravi o di deformazioni complesse, può rendersi necessario associare all’impianto protesico una chirurgia di placca. Ad impianto completato, a protesi attivata, in base all’entità dell’incurvamento residuo dell’asta, si potrà o meno procedere ad incisioni superficiali della placca retraente, allo scopo di ottenere un’ulteriore riduzione dell’incurvamento.
 Le protesi idrauliche sono costituite da due cilindri posti nei corpi cavernosi e connessi ad una pompa di attivazione collocata nello scroto. Il serbatoio contenente il liquido può essere separato dai cilindri (protesi idrauliche di tipo tri-componente) e collocato vicino alla vescica, oppure far parte dei cilindri stessi (protesi idrauliche di tipo bi-componente).

Domande e risposte

Il paziente che si reca dal medico per eseguire una visita per IPP deve portare con se delle fotografie del pene eretto, sui 3 piani dello spazio. Questo consentirà al medico di oggettivare l’incurvamento e programmare il trattamento adeguato.
La vitamina E rappresenta uno dei primi farmaci proposti per il trattamento della IPP. In passato si credeva che l’effetto antiossidante della Vitamina E fosse in grado di arrestare o arrestare la formazione della placca. Oggi è stato dimostrato che la Vitamina E non è in grado di agire sulla malattia, ed i trattamenti non chirurgici che sembrano esser utili all’arresto della patologia sono il POTABA, e le terapie fisiche dell’IPP.
Purtroppo in alcuni pazienti l’IPP interferisce con i meccanismi dell’erezione. In questi casi la correzione dell’incurvamento non influirà significativamente sulla funzionalità erettiva. Nella programmazione dell’intervento bisognerà tenere conto di questo sintomo e dovrà esser presa in considerazione la possibilità di impiantare contestualmente una protesi peniena.
Negli anni i trattamenti chirurgici della IPP sono molto evoluti. Esistono interventi che prevedono un accorciamento del pene ed interventi che possono addirittura aumentarne la lunghezza. Gli interventi che conservano o aumentano la lunghezza del pene prevedono tuttavia una maggiore invasività chirurgica e possono compromettere la funzionalità erettile. Se le dimensioni del pene e il grado di incurvamento lo consentono gli interventi che correggono l’incurvamento del pene accorciandolo possono meglio conservare la funzionalità erettiva. Purtroppo più è grave l’incurvamento più correggerlo significa accorciare il pene quindi tali interventi non sono sempre indicati. Non esiste l’intervento giusto per tutti i pazienti, esistono molti interventi, e la tecnica chirurgica deve esser scelta in base alle caratteristiche del paziente. E’ quindi necessario rivolgersi ad un andrologo-chirurgo esperto, che conosca le procedure e possa consigliare il paziente tenendo conto dei vantaggi e degli svantaggi delle attuali tecniche chirurgiche.

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