Priapismo

Definizione di priapismo

Per priapismo si intende uno stato di erezione prolungata (oltre le 4 ore) e dolorosa non correlata allo stimolo sessuale o che persista oltre tale stimolo.

Il priapismo rappresenta una vera emergenza urologica che richiede un intervento tempestivo. Infatti la gravità delle conseguenze a distanza (fibrosi dei corpi cavernosi e conseguente disfunzione erettiva severa) è proporzionale alla durata del priapismo stesso.

Classificazione del priapismo

Da un punto di vista clinico ed emodinamico, è utile distinguere due forme di priapismo:

  • A basso flusso (o venoso, ischemico, da stasi)
  • Ad alto flusso (o arterioso)

Priapismo a basso flusso

Era di frequente riscontro fino a pochi anni orsono, quando era più diffusa la somministrazione intracavernosa (cioè direttamente all’interno del pene) di sostanze vaso-attive per il trattamento sintomatico dei disturbi dell’erezione. Un sovradosaggio di queste sostanze determina infatti un’erezione prolungata che, in casi estremi, può trasformarsi in priapismo.

Altre condizioni che possono associarsi al priapismo da stasi, specie in età pediatrica, sono l’anemia falciforme (in cui la crisi emolitica determina, all’interno dei corpi cavernosi, una sorta di ingorgo degli scarichi venosi), disordini neurologici e, raramente, tumori di altre sedi che metastatizzano il pene.

Anche l’assunzione di alcuni farmaci è stata correlata all’insorgenza di priapismo ischemico (anti-ipertensivi, antidepressivi, ansiolitici) così come l’abuso di sostanze ormonali, di cocaina e di alcoolici.

Tuttavia nella maggior parte dei casi non è possibile identificare con esattezza una causa scatenante per cui , in questi casi, si parla di priapismo ischemico idiopatico

Qualunque sia la causa scatenante, il priapismo a basso flusso riconosce un meccanismo patogenetico comune: uno stato di acidosi locale comporta un iniziale stato edematoso con blocco dello scarico cavernoso e conseguente stasi venosa.

Se lo stato di priapismo ischemico non viene trattato tempestivamente, questo stato edematoso interstiziale evolve verso la vera e propria necrosi delle cellule muscolari lisce cavernose con completa degenerazione fibrosa del tessuto erettile e disfunzione erettiva irreversibile.

Priapismo ad alto flusso

Di meno frequente riscontro, riconosce come causa più comune un trauma (penetrante o non penetrante) subito nell’area perineale con lesione di un’arteria cavernosa e creazione di una fistola all’interno dei corpi cavernosi.

Il continuo flusso arterioso all’interno dei sinusoidi cavernosi, non più modulato, comporta uno stato di continua tumescenza che si alterna a momenti di vera e propria rigidità del pene.

Diagnosi di priapismo

L’obiettività clinica è sufficiente a porre diagnosi di priapismo. Per quanto riguarda il riconoscimento della tipologia emodinamica (a basso o ad alto flusso), un accurata raccolta anamnestica può, come detto, indirizzare lo Specialista in misura determinante. In generale, le forme da stasi giungono all’osservazione più precocemente (al massimo entro le 12 ore) e questo è determinato dal vivo dolore che, con il passare del tempo, subentra inevitabilmente nelle situazioni ischemiche. Al contrario, nei casi di priapismo ad alto flusso, il paziente tende a sottovalutare il quadro, presentandosi all’osservazione anche a distanza di giorni o settimane.

Anche l’aspetto clinico aiuta a distinguere le due forme: nei casi ischemici, il pene si presenta estrema-mente rigido e freddo, con il glande non tumescente che contrasta visibilmente con l’erezione dei corpi cavernosi. Il quadro, come detto, è accompagnato dal dolore che aumenta col passare del tempo. Nelle forme ad alto flusso, il pene è invece caldo e pulsante, di consistenza meno rigida e più teso-elastico, con il glande che in questi casi partecipa al fenomeno apparendo tumescente.

La diagnosi strumentale potrà essere affidata all’ Eco-color-Doppler che dimostrerà, nei casi da stasi, l’assenza di flusso arterioso e venoso all’interno dei corpi cavernosi, ovvero, nei casi di priapismo arterioso, la presenza di flussi elevati a carico di una o di entrambe le arterie cavernose associata alla persistenza di deflusso venoso. A ciò potrà eventualmente associarsi l’evidenza di un area di turbolenza, indicativa di fistola artero-cavernosa, anche se la precisa localizzazione di tale fistola non sempre risulta possibile con questa metodica.

Infine, l’ emogasanalisi del sangue drenato dai corpi cavernosi (ipossico, venoso oppure ossigenato arterioso) toglierà ogni dubbio residuo sull’origine emodinamica del priapismo in oggetto.

Nei casi si giunga alla diagnosi di priapismo ad alto flusso, si procede in genere all’esecuzione di un’angiografia digitale dinamica con immagini super selettive, che consentiranno l’esatta individuazione della sede del danno arterioso e della fistola.

Terapia per il priapismo

Priapismo a basso flusso

Il priapismo da stasi rappresenta come detto una condizione di urgenza assoluta, nella quale la tempestività del’intervento terapeutico condiziona significativamente la prognosi.

L’obiettivo, oltre alla regressione del dolore, è naturalmente quello di far recedere al più presto l’erezione prevenendo i danni anatomici a carico del tessuto erettile.

Possiamo distinguere approcci di I linea, più conservativi, che hanno buona probabilità di successo quando il priapismo sia relativamente recente (entro le 12 ore) ed interventi di II linea cui è necessario ricorrere in caso di fallimento dei primi.

Il primo approccio consiste nella puntura evacuativa dei corpi cavernosi, che viene generalmente praticata, previa anestesia locale, tramite 2 aghi a farfalla di grosso calibro (19 G) con accesso trans-glandulare, che evita il rischio di importanti ematomi sottofasciali.

L’aspirazione forzata del del sangue stagnante, ipossico (che deve essere favorita da manovre di energica compressione manuale del pene), viene alternata all’irrigazione dei corpi cavernosi con soluzione fisiologica e bicarbonato, con l’obiettivo di contrastare l’acidosi locale. Per la stessa via, vengono anche somministrati dei vaso-costrittori (ad es. etilefrina) e/o blu di metilene.

Nei casi inveterati (presentatisi all’osservazione tra 24-36 ore) l’evacuazione transglandulare tramite ago ha scarse possibilità di successo, a causa della acidosi locale, della notevole densità del sangue stagnante e della iniziale fibrosi intracavernosa. E’ allora necessario procedere alla creazione di veri e propri shunts (comunicazioni) artificiali tra i corpi cavernosi e strutture anatomiche adiacenti, in modo da consentire il deflusso del sangue attraverso una via alternativa.

Sono state descritte numerose tecniche chirurgiche ideate a questo scopo:

  • shunt chirurgica glandulo-cavernos distale (Ebbehoj 1974, Winter 1976, El-Ghorab 1981)
  • shunt spongio-cavernoso prossimale a livello dell’uretra bulbare (Sacher 1972)

Quest’ultimo è l’approccio attualmente preferito e che consente risultati molto soddisfacenti.

Nei pazienti giovani e con priapismo ischemico di lunga durata (> 36 ore), condizione che può aver pregiudicato definitivamente il recupero della funzione erettile, è indicato posizionare direttamente una protesi peniena

Priapismo ad alto flusso

Le forme di priapismo arterioso, di per sé meno urgenti dal punto di vista emodinamico, proprio per questo rappresentano una sfida più impegnativa dal punto di vista terapeutico. Si tratta infatti non più di interventi d’urgenza ma di scelte di elezione che devono offrire, oltre alla risoluzione del quadro clinico, le migliori garanzie di conservazione funzionale a distanza (erezione).

Il trattamento del priapismo ad alto flusso prevede normalmente l’embolizzazione selettiva (o superselettiva) del ramo arterioso prossimale alla fistola.

Domande e risposte

Si. Poiche si è sottoposti a traumi o microtraumi ripetuti a livello della zona perineale, favorenzo la formazione di fistola o la lesione dell’arteria cavernosa. Solitamente si tratta di priapismo non ischemico.
Il priapismo si può curare, ma bisogna recarsi subito al pronto soccorso , il fattore tempo è molto importante per evitare danni permanenti.
Si. C’è un rischio di priapismo. Sebbene il rischio era maggiore in passato con l’utilizzo della papaverina. Attualmente esiste un rischio di priapismo legato all’alprostadil è dello 0.4%.

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